Papà me lo aveva tanto raccomandato. «Quando sarà il giorno, ricordati di avvisare l’ingegner Casati. Ti lascio il suo numero! Non fare come tuo solito.»
E quella mattina di marzo, mentre lo guardavo disteso in pigiama sul suo letto, occhi chiusi e mani raccolte sul petto mi ritornarono in mente le sue parole.
Casati era un collega di mio padre. Un uomo magro, dalla faccia ossuta e con il labbro superiore esageratamente ampio. Avevano condiviso tanti anni di lavoro all’estero e un’amicizia sincera. Mio padre strutturista e lui ingegnere termotecnico con la passione della fisica e della musica.
Gli comunicai al telefono la triste notizia insieme all’indirizzo della chiesa in cui, l’indomani, si sarebbe tenuta la celebrazione.
La funzione scivolò via veloce, complice un battesimo che si sarebbe svolto subito dopo, fino a che il sacerdote non invitò sul altare chi avesse voluto dire due parole per ricordare il caro estinto.
Casati si alzò lentamente dal suo banco in ultima fila e con incedere mesto si avviò verso la balaustra di travertino.
Tirò fuori un foglietto dalla tasca del soprabito sdrucito e cominciò.
«Volevi che parlassi al tuo funerale ed eccomi qui. Volevi che dicessi alla tua famiglia che la tua energia non è morta.»
Un silenzio pregno di imbarazzo riempi le tre navate della cattedrale.
«Cara Matilde», rivolto a mia madre, « cari tutti. C’è una legge in fisica che dice che nessuna energia viene creata nell’universo e nessuna viene distrutta. Tutta l’energia di Ernesto, ogni sua vibrazione, ogni watt del suo calore, ogni onda di ogni particella rimane tra noi in questo mondo. Oltre che tra le energie del cosmo, alle quali ha dato tanto quanto ha ricevuto.»
A un certo punto scese i due gradini su cui era salito e si avvicinò a mia madre affranta, lì nel banco,
«Tutti i fotoni che sono rimbalzati sul tuo viso, tutte le particelle il cui percorso era stato interrotto dal tuo sorriso, dal tocco dei tuoi capelli, centinaia di trilioni di particelle, sono andate via per sempre da te. Però, tutti i fotoni che sono rimbalzati su di lui si sono raccolti nei tuoi occhi e quei fotoni hanno creato dentro di te costellazioni di neuroni caricati elettromagneticamente e la loro energia continuerà per sempre.»
Nessuno aveva il coraggio di parlare, compreso Don Alfredo che però sembrava accusare quelle parole.
«Ricordate che buona parte della nostra energia viene emessa sotto forma di calore. Vedo alcuni di voi che si sta sventolando con i messali. E il calore che vi ha attraversato in vita è ancora qui, fa ancora parte di tutto ciò che siamo.»
Ripose il foglietto nella tasca e sul suo volto sembrò nascere un leggero sorriso, mentre i suoi occhi si illuminarono guardando lontano, oltre la bara che giaceva sul pavimento coperta di fiori.
«Non avete bisogno di avere fede. Anzi, non dovete avere fede. Gli scienziati hanno misurato con precisione la conservazione dell’energia e l’hanno trovata accurata, verificabile e coerente nello spazio e nel tempo. Quindi, potete esaminare le prove e convincervi che la scienza è solida e che la sua energia è ancora in circolazione.»
«Perchè, il caro Ernesto non è sparito. È solo meno ordinato.»
Wattora siamo e Wattora ritorneremo.