Nel bar del paese, gli uomini erano ancora lì, a discutere. Da mesi, parole come forse, bisogna pensarci, non è il momento rimbalzavano tra un bicchiere e l’altro.
Nel frattempo, le bollette salivano, il vento soffiava libero sui tetti e il sole scaldava le tegole senza fare nulla di utile.
Così, quella mattina, senza più aspettare, le donne uscirono di casa con scale, cacciaviti e pannelli solari. Anna e Fatima arrampicarono le strutture. Lucia, la sindaca, firmò le carte senza aspettare il consiglio comunale.
La vecchia Lisistrata, ottant’anni suonati, portò il caffè e gridò dal balcone:
«Più in alto quel pannello, ché il sole è di tutti!»
Lei, che da giovane aveva odiato il suo nome così strano, ormai lo portava con orgoglio. Suo padre, professore di lettere, l’aveva chiamata così per gioco. Nessuno avrebbe immaginato che, alla fine, avrebbe guidato una rivoluzione davvero.
Quando gli uomini se ne accorsero, era troppo tardi per fermarla.
La comunità energetica era nata. Il primo kilowatt illuminò la piazza come un’alba nuova.
E nessuno ebbe più niente da discutere.
