Alice si è svegliata con la gola che graffiava, come se avesse dormito abbracciata al fumo. Il naso rosso, le mani nascoste sotto il maglione pesante che sa di chiuso e di umido. Il fiato che si vede, come nei cartoni animati quando fa molto freddo, ma senza ridere.

Si è stretta alla sua borsa, quella dell’acqua calda. È vuota da giorni, fredda come tutto il resto, ma lei continua a tenerla vicina.

Alice si è svegliata nel silenzio rotto solo dal frigorifero che non ronza più e dalla stufa che non ha mai fatto rumore. Ha messo su l’acqua per il thè, ma il gas non è tornato da ieri. Ha aperto la finestra solo per sentire qualcosa di più caldo del gelo che aveva dentro.

Alice si è svegliata nella casa dove vive con la nonna. Ha guardato la bolletta appesa dietro la porta con lo scotch vecchio, come una minaccia scritta in numeri. Ha pensato a quando si scaldava le mani sul termosifone e immaginava che fosse un drago buono. Adesso il drago dorme. Da mesi.

Alice si è svegliata e non ha trovato altro da fare che tornare a letto, infilare le mani sotto le ginocchia, stringersi forte, aspettare.  Aspettare che passi. Che arrivi aprile. Che qualcuno si accorga.

Oggi anche io sono un po’ Alice. E ho freddo.

Ma più di tutto, ho rabbia.


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