La guardo. Sta lì, appesa al muro come un pensiero che non se ne va.

Pompa di calore. Nome buffo, da officina. Oggi mi soffia addosso aria calda. Fuori c’è freddo, lei fa caldo. Quando farà caldo, lei farà freddo.

È coerente, come certi filosofi che non cambiano idea, ma la temperatura sì.

Non crea e non distrugge. Sposta. Prende il calore dove manca e lo porta dove serve. Fa il lavoro degli umili, quelli che non fanno rumore ma tengono in piedi la casa.

Non inventa niente, mette in relazione. Muove senza possedere, dà senza perdere.

Pompa di calore. L’avrà chiamata così un ingegnere stanco, uno che voleva solo finire il turno.

Un nome senza poesia, ma sincero. Dice quello che fa.

Eppure, lavora come un verbo. Non fa fumo, non chiede attenzione. Scambia energie, come fanno le persone che si capiscono in silenzio.

Io e lei ci guardiamo. Lei pompa, io penso. E mi scappa da ridere.

L’unica cosa davvero cool in casa mia, si chiama pompa di calore.


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