Carlo disegna case

Ogni volta che Carlo disegnava una casa, era una villa, enorme, con tante finestre pulite, un giardino rigoglioso e la piscina.

«Eppure, siamo sempre vissuti in un condominio» ci dicevamo. Allora perché questa specie di castello con tanto di bosco e annessi extra lusso?

Adesso, invece, da quando abbiamo iniziato i lavori al palazzo, passa il tempo a riempire i fogli di linee verticali e orizzontali che si intrecciano, con in mezzo piccoli uomini che lavorano.

Chi al primo piano mentre incolla un pannello al muro e chi sull’attico a ricoprire il grande buco nel tetto. E poi ci sono gru che tirano su mattoni arancio e camion che scaricano cumuli di sabbia scura.  

Dietro le finestre, non più mamma e papà come un tempo ma la signora Capozzi che abita al primo piano e, da più di un mese, non apre per paura dei ladri che le possono entrare dai ponteggi.

«Che bel disegno, amore mio» gli faccio, accarezzandogli i capelli. «Vuoi diventare un artista come papà?»

«Ma che sei matto?» mi risponde, continuando a colorare «Voglio fare il general contractor come il cavalier Chiari della GS Costruzioni che lui ce l’ha la villa e pure la piscina!»

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